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Letteratura fantastica
âFantasticoâ: su alcuni significati
del termine
Che cosa si intende per letteratura fantastica? Chi cerca una risposta a questo interrogativo in un dizionario, rischia di rimanere deluso. âFantasticoâ, si legge per esempio nel Vocabolario della Lingua Italiana dellâIstituto della Enciclopedia Italiana, Ăš attributo della fantasia (capacitĂ , potenza f.; virtĂč f. ovvero immaginativa) e piĂč spesso indica ciĂČ che Ăš «creato dalla fantasia, che Ăš frutto di fantasia, o in cui ha parte prevalente la fantasia: un racconto f.; letteratura, narrativa f.; non posso credere che la perfettissima specie di poesia sia la f. (Tasso); pitture f.; una f. decorazione; un castello f. (in quanto descritto o rappresentato in opere dâimmaginazione)». A questa accezione fondamentale si ricollegano alcuni significati dâuso che sono noti a qualsiasi parlante: âfantasticoâ si dice di ciĂČ che «non ha fondamento se non nella fantasia, quindi irreale, immaginario: un mostro f.», o anche «di oggetti o fatti reali, ma che per essere straordinari, inconsueti, fuori della norma, sembrino creati dalla fantasia: un paesaggio fantastico»; âfantasticoâ viene usato inoltre, per iperbole, «con valore genericamente superlativo e ammirativo: uno spettacolo f.; un romanzo, un film f.; Ăš stato un viaggio f., abbiamo fatto una vacanza f.; ha una memoria f.; anche di persona che dimostri doti o dia di sĂ© prove non comuni: una donna f.; sei stato f.!; assol., come espressione di ammirato stupore: fantastico!».
Queste informazioni ci consentono di afferrare la polivalenza del termine e il suo nesso con la facoltĂ della mente umana che chiamiamo fantasia; ma quando cerchiamo di applicarle al campo della letteratura, ci resta ben poco. Se accettiamo di dire âfantasticoâ un testo perchĂ© «creato dalla fantasia», perchĂ© in esso «ha parte prevalente la fantasia», perchĂ© non corrisponde a unâipotetica realtĂ a esso esterna («non ha fondamento se non nella fantasia, [...] irreale, immaginario»), dovremmo ammettere che «tutta la letteratura Ăš fantastica». Questa provocatoria affermazione Ăš stata fatta da due scrittori argentini contemporanei che a loro volta si sono cimentati con il fantastico, Jorge Luis Borges (1899-1986) e Adolfo Bioy Casares (1914-1999); essi scrivono:
Nessuno crede veramente che in un paese della Mancia il cui nome non volle ricordare lâautore visse un cavaliere che per lâabuso di libri di cavalleria si lanciĂČ per le vie della Castiglia con armatura, spada e lancia. CosĂŹ nessuno crede che in unâestate di Pietroburgo uno studente assassinĂČ unâusuraia per emulare Napoleone.
Lâobiezione Ăš sensata; se adottassimo questa logica, il Don Chisciotte (1605-15) di Miguel de Cervantes Saavedra (1547-1616) e Delitto e castigo (1866-67) di FĂ«dor Dostoevskij (1821-1881) dovrebbero essere classificati come testi fantastici. Il fatto Ăš che un conto sono i significati dâuso del termine âfantasticoâ, quelli riconosciuti dal dizionario; e un conto Ăš il suo significato storico-letterario, che sorge nel corso dellâOttocento ed Ăš stato al centro di un acceso dibattito teorico soprattutto negli ultimi trentâanni. Ă questâultimo significato che cercheremo qui di chiarire.
La riflessione teorica
Nel campo della teoria letteraria, il termine italiano âfantasticoâ Ăš essenzialmente un calco dal francese fantastique. Questo spiega fra lâaltro la mia scelta di usare coordinate teoriche derivate in gran parte dalla critica francese; mentre la decisione di studiare testi che provengono spesso da altre letterature (francese, inglese, tedesca) Ăš dovuta a unâaltra considerazione: la letteratura italiana Ăš abbastanza povera di testi fantastici, e quelli che possediamo, salvo rare eccezioni, non figurano tra i capolavori del genere. Forse, del resto, i due fenomeni sono collegati, e potremmo dire allora che tanto la letteratura fantastica che la riflessione teorica sul fantastico sono state, in Italia, soprattutto un fenomeno di importazione.
Le prime occorrenze storiche dellâuso del termine fantastique per indicare una certa categoria di testi letterari risalgono al 1828. In quellâanno comincia a uscire la traduzione francese dei racconti dellâautore tedesco Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776-1822); la straordinaria novitĂ che quei testi rappresentano agli occhi del pubblico francese, ancora imbevuto di classicitĂ e razionalismo cartesiano, favorisce il conio di un termine specifico: sono âfantasticiâ perchĂ©, come i lettori dellâepoca non si stancano di sottolineare, mescolano la realtĂ quotidiana e il soprannaturale con unâabilitĂ mai vista prima. Charles Augustin Sainte-Beuve (1804-1869), uno dei critici piĂč influenti di quegli anni, loda lâ«abile mescolanza, [...] quella misura discreta di meraviglioso e di reale» che caratterizza i testi di Hoffmann; ThĂ©ophile Gautier (1811-1872), che sarĂ tra i piĂč grandi autori fantastici dellâOttocento, scrive che nessuno come Hoffmann riesce a «dare le apparenze della realtĂ alle creazioni piĂč inverosimili»: la «realtĂ nel fantastico» e la «verosimiglianza dellâincredibile», questo Ăš il segreto dei suoi racconti e di ogni racconto fantastico riuscito.
Hoffmann fornisce il primo grande modello del fantastico; man mano che gli autori ottocenteschi riprendono e innovano questo paradigma, perĂČ, muta anche il significato del termine: il fantastico di Gautier Ăš diverso da quello di Prosper MĂ©rimĂ©e (1803-1870), Edgar Allan Poe (1809-1849), Guy de Maupassant (1850-1893), e cosĂŹ via. In questa evoluzione semantica ha parte anche lâininterrotta riflessione sul genere (il fantastico Ăš uno dei piĂč autocoscienti fra i generi e modi letterari): prima da parte degli scrittori otto-novecenteschi che lo praticano (si tratta dunque di una riflessione di poetica); poi da parte dei critici novecenteschi che studiano le leggi di funzionamento del testo fantastico (si tratta in questo caso di una riflessione propriamente teorica). Non Ăš possibile qui passare in rassegna tutte queste concezioni del fantastico; mi limiterĂČ a notare che a partire da una certa epoca, in Francia, alcuni teorici cercano di definire il genere recuperando il significato storico originario del termine fantastique.
Uno di loro Ăš Roger Caillois (1913-1978), prossimo ad ambienti surrealisti, saggista raffinato e dagli interessi svariati (dalle arti figurative ai prodigi della natura, al marxismo e alla psicanalisi, al mito e al senso del sacro). Egli pone a confronto fiabesco e fantastico in una serie di saggi che pubblica dalla fine degli anni Cinquanta in poi. Secondo Caillois, la fiaba
si svolge in un mondo in cui lâincantesimo va da sĂ© e la magia Ăš la regola. Il soprannaturale non Ăš spaventoso, e neppure sorprendente, perchĂ© costituisce la sostanza stessa di questo universo, la sua legge, il suo clima. Non viola nessuna norma: fa parte delle cose, Ăš lâordine â o piuttosto lâassenza di ordine â delle cose.
Nel fantastico, invece,
il soprannaturale appare come una rottura della coerenza universale. Il prodigio diventa unâaggressione proibita, minacciosa, che infrange la stabilitĂ di un mondo le cui leggi, fino ad allora, apparivano rigorose e immutabili. Ă lâImpossibile, che sopraggiunge allâimprovviso in un mondo da cui lâimpossibile Ăš bandito per definizione.
Questa differenza qualitativa sarebbe legata al rapporto di filiazione che intercorre tra fiaba e racconto fantastico: la fiaba Ăš la forma che la letteratura dâimmaginazione prende quando lâuomo Ăš «impotente e meravigliato» di fronte ai misteri della natura, e tutto gli appare animato e miracoloso; il racconto fantastico subentra invece quando egli dispone di un paradigma scientifico che gli consente di interpretare il mondo che lo circonda â ed Ăš a questo punto che qualsiasi infrazione a quel paradigma diviene fonte di terrore. Il fantastico puĂČ sorgere soltanto
dopo il trionfo della concezione scientifica di un ordine razionale e necessario dei fenomeni, dopo il riconoscimento di uno stretto determinismo nella concatenazione delle cause e degli effetti. In una parola, nasce al momento in cui ognuno Ăš piĂč o meno persuaso dellâimpossibilitĂ dei miracoli. Se ormai il prodigio fa paura, Ăš perchĂ© la scienza lo ha bandito e perchĂ© lo consideriamo inammissibile, spaventoso.
Tale contrapposizione di un universo retto da leggi scientifiche e di un evento soprannaturale che ne infrange la coerenza viene rielaborata piĂč tardi da uno dei piĂč noti teorici del movimento strutturalista, Tzvetan Todorov (n. 1939). Todorov pubblica nel 1970 un libro che ha conosciuto un successo straordinario, lâIntroduction Ă la littĂ©rature fantastique (tradotto in italiano con il titolo abbreviato La letteratura fantastica); vi espone la teoria dellâesitazione, che sarebbe il fondamento strutturale del genere fantastico:
In un mondo che Ăš sicuramente il nostro, quello che conosciamo, senza diavoli, nĂ© silfidi, nĂ© vampiri, si verifica un avvenimento che, appunto, non si puĂČ spiegare con le leggi del mondo che ci Ăš familiare. Colui che percepisce lâavvenimento deve optare per una delle due soluzioni possibili: o si tratta di unâillusione dei sensi, di un prodotto dellâimmaginazione, e in tal caso le leggi del mondo rimangono quelle che sono, oppure lâavvenimento Ăš realmente accaduto, Ăš parte integrante della realtĂ , ma allora questa realtĂ Ăš governata da leggi a noi ignote.
A seconda della soluzione che il lettore rappresentato allâinterno dellâopera decide di privilegiare, abbiamo due generi confinanti come lo strano (soluzione naturale o razionale) e il meraviglioso (soluzione soprannaturale); viceversa, se lâesitazione permane fino al termine del racconto, siamo di fronte a un esempio di fantastico puro:
Il fantastico occupa il lasso di tempo di questa incertezza; non appena si Ăš scelta lâuna o lâaltra risposta, si abbandona la sfera del fantastico per entrare in quella di un genere simile, lo strano o il meraviglioso. Il fantastico, Ăš lâesitazione provata da un essere il quale conosce soltanto le leggi naturali, di fronte a un avvenimento apparentemente soprannaturale.
La definizione todoroviana, di grande chiarezza e memorabilitĂ , Ăš stata molto discussa dagli specialisti, e ancor oggi rappresenta un punto di riferimento irrinunciabile del dibattito sul fantastico. In questa sede mi limiterĂČ a menzionare la revisione che essa ha subĂŹto a opera di un teorico italiano, Lucio Lugnani (n. 1939), docente allâuniversitĂ di Pisa e autore â in collaborazione con altri studiosi dellâateneo pisano â di un bel volume di studi sul fantastico letterario: La narrazione fantastica (1983). Lugnani pensa che proprio a causa di un eccesso di astrazione la teoria todoroviana finisca per risultare riduttiva della ricchezza e della varietĂ dei testi; e soprattutto, che Todorov non colga nel segno laddove fa dellâesitazione la condizione del fantastico. Tale condizione va cercata a suo parere nellâinesplicabilitĂ ; ciĂČ che conta non Ăš lâincertezza tra due soluzioni, ma la mancanza di soluzioni:
Il nodo vero del problema [...] consiste nel fatto che al livello della conclusione e degli esiti del racconto, lĂ dove per forza tutti i nodi vengono al pettine, si scopre che la categoria oppositiva naturale-soprannaturale e lo scontro conseguente fra spiegazione razionale inverosimile e spiegazione soprannaturale verosimile non stanno al fondo dellâesito fantastico del racconto e sono invece superati, bruciati e consunti nella dinamica narrativa che li ha utilizzati. Il dubbio testamentario del fantastico...