Parigi: In cui l’autore si perde nelle nuvole di Claude Monet!

A Giverny, nel giardino di Claude Monet, era troppo presto nella stagione per osservare la fioritura delle ninfee del giardino d’acqua, allora lei ha proposto, l’indomani mattina, di andare a vedere le ninfee al museo dell’Orangerie. Non oso dirle che mi danno sui nervi i grandi musei parigini, che mi generano una frustrazione che lei non può nemmeno immaginare, che non riesco mai a concentrarmi abbastanza per godere delle opere esposte, che c’è sempre qualcuno a spintonarmi quando guardo qualcosa, che il chiacchiericcio senza fine della gente o quello delle scolaresche mi è insopportabile, che mi viene la voglia di assassinare ogni persona che vedo con una macchina fotografica; che se non fosse per farle piacere, non ci entrerei mai al museo dell’Orangerie, io. Arriviamo i primi e mi siedo sul banco centrale della seconda sale delle Ninfee e mi metto a contemplare Le Nuvole. Mi dico che, nel Médoc, le ninfee devono essere già fiorite sul lago di Lacanau e che probabilmente se avessi un giorno di riposo come quello di oggi, sarei sul lago. Chiudo gli occhi. C’è un’insenatura sul lago che si chiama la baia delle Ninfee e dove si rifugiano i cigni in estate perché è la sponda più selvaggia del lago. Nella foresta che costeggia questa baia, talvolta, ci si incontrate un pazzo che si vanta di averci sistemato un giardino dell’Eden. Ed è vero! perché lui ha costruito, con quattro assi, un pontile sul lago da cui avete una vista paradisiaca sulle zattere di ninfee che danno il nome alla baia. Una cosa che mi fa sempre sorridere quando ci passo, è che lui ha affissato su un pino, un cartello con il suo numero di telefono. Il cartello dice che se non siete d’accordo con lui, che trovate che il posto non è paradisiaco come lui pretende e che lui non è al suo posto abituale ad ammirare il lago, potete fargli una chiamate per dirglielo. Il cartello dice anche che se telefonate, dovete avere argomenti seri per sostenere il vostro punto di vista. Sono seduto nella barca in mezzo alla baia delle Ninfee e sto ammirando i fiori di colore malva delle ninfee. Nelle zattere galleggianti a forma di cerchio delle ninfee, le gallinelle d’acqua ci fanno i loro nidi ed è sempre uno spettacolo incantevole in questa stagione di vedere i loro pulcini neri e tutti pelosi, nuotare tra i fiori. Io ci vorrei restare un’eternità in questa barca a osservare le ninfee e le damigelle blu che ci danzano sopra e che sembrano diamanti quando il sole le attraversa. Una volta, mi ricordo che stavo leggendo e che mi sono addormentato nella barca. Poi, ho avuto l’impressione che qualcuno mi guardava. E c’era un cormorano nella barca. Sapete come aprono le ali per asciugarle. Cristici. Forse lui ha sentito che mi ero svegliato, che il mio modo di respirare era diverso, che lo guardavo con gli occhi socchiusi. L’uccello si è tuffato nell’acqua prima che possa salutarlo. Un’altra volta, ma era in aprile quando le acque del lago sono tutte ingiallite dal polline di milioni di pini, ho vogato fino all’isola agli uccelli in mezzo al lago. C’era un cervo che aveva probabilmente nuotato fino all’isola per sfuggire all’ultima battuta di caccia dell’anno. Ci siamo guardati. Paralizzati. Io dall’emozione, lui dalla paura. Fino alla primavera, dobbiamo vestirsi con abiti ridicoli quando andiamo in foresta perché c’è sempre il rischio di essere preso per un cervo da un cacciatore. Il cervo si è rassicurato di vedermi vestito come un Arlecchino e si è disinteressato di me. Lui da una parte dell’isola a pascolare, io dall’altra ad approfittare del sole e a nuotare tra le erbe acquatiche che fanno paura ai bambini di mio fratello perché ci si vivono miriadi di gamberi di fiume. In fine pomeriggio non ho più visto il cervo e ho pensato che lui era tornato a casa, lontano a nord, nelle paludi di Carcans. Nella barca sento il sospiro del vento nei pini e le querce, i vocalizzi delle rane e quelli delle anatre nelle vecchie lagune al sud. Seguo con gli occhi le nuvole bianche che solcano i cieli blu sopra Lacanau. Sento anche il tamburellare di un picchio nel fondo della foresta….Quasi mi sta parlando questo picchio! Ma cosa fai? Stai sonnecchiando che fa due ore che guardi questa tela? Ma no, protesto completamente disorientato di ritrovarmi all’Orangerie, stavo studiando Le Nuvole di Monet! D’altronde mi ricordo che lui ha concepito queste sale come dei luoghi di riposo, per sfuggire al bordello della città in qualche modo…Lei ride e vuole assolutamente mi fare confessare che non ho provato un’emozione artistica, ma che ho dormito tutto il tempo che ho passato in questa sala. Va bene, lei dice, adesso dobbiamo andare a trovare qualche brasserie per pranzare, poi mi dovrai abbandonare a Orsay per ritrovare la tua amica di Parigi…

 

 

2 thoughts on “Parigi: In cui l’autore si perde nelle nuvole di Claude Monet!

    • Oups, la mia idea, raccontando questo episodio del mio soggiorno parigino, era di fare respirare e non provocare una qualsiasi mancanza di respiro! 😉 Grazie per l’apprezzamento, Monica.

      Buona giornata,

      Alex

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